La recente decisione del Tribunale d’Appello di Washington di annullare i tassi appena entrati in vigore solleva una domanda inevitabile: fino ad oggi abbiamo scherzato? L’oscillazione continua tra norme introdotte e poi cancellate evidenzia la fragilità di un sistema che dovrebbe garantire stabilità e certezza. Se la storia ci insegna qualcosa, è che Donald Trump difficilmente si lascerà frenare dai contrappesi istituzionali. La sua forza politica si è sempre alimentata di conflitti con gli altri poteri e, oggi più che mai, questo ritorna ad essere un fattore di instabilità con potenziali ricadute globali.
In parallelo, l’Europa si trova di fronte a un altro corto circuito: il blocco del regime de minimis per le spedizioni. Già la scorsa settimana si è visto come le poste dei diversi Paesi non abbiano ancora la “potenza di fuoco digitale” necessaria a gestire l’enorme flusso di dati e controlli richiesti. La conseguenza è stata immediata: sospensione delle spedizioni di pacchi verso gli Stati Uniti, con gravi disagi per imprese e cittadini. Si tratta di un campanello d’allarme: l’innovazione normativa e la lotta alle distorsioni del commercio globale devono necessariamente accompagnarsi a un rafforzamento tecnologico e infrastrutturale. Altrimenti, le imprese artigiane e le PMI rischiano di pagare il prezzo più alto in termini di competitività.
Questi eventi raccontano la stessa storia: ancora una volta, l’Europa resta in attesa.
Da aprile in avanti abbiamo assistito a una sequenza di annunci, rinvii, blocchi e ripensamenti che non hanno fatto altro che indebolire la fiducia delle aziende e renderne più difficile la programmazione. Le nostre imprese non chiedono privilegi, ma regole chiare e strumenti operativi certi. Restare sospesi per mesi, senza risposte definitive, significa ostacolare la competitività e scaricare i costi dell’incertezza su chi produce valore ogni giorno.
Forse, per l’Europa è tempo di smettere di subire e cominciare a dettare finalmente le regole.