La trattativa tra Bruxelles e Washington sui dazi commerciali continua a tenere banco. Dopo mesi di scontri e minacce reciproche, l’Unione Europea ha messo sul tavolo la proposta di azzerare le tariffe sui prodotti industriali statunitensi e aprire canali agevolati per alcune merci agricole e ittiche, nel tentativo di ottenere in cambio dalla Casa Bianca una riduzione dei dazi sulle auto europee al 15%.
Si tratta di un passo in avanti rispetto allo scenario precedente, quando i dazi ipotizzati superavano il 25%, ma non basta a rassicurare le imprese italiane della filiera automotive. Le stime parlano infatti di una perdita compresa tra 1,4 e 3 miliardi di euro per le micro, piccole e medie imprese della componentistica e della subfornitura, con 9.700-15.500 posti di lavoro a rischio. Con il nuovo scenario di un dazio al 15% l’impatto certamente si riduce, ma resta comunque molto pesante per le MPMI che lavorano a contatto con i grandi produttori di automobili.
L’altro nodo del negoziato riguarda le concessioni che Bruxelles sembra disposta a fare per ottenere il via libera da Washington. Si parla infatti di aprire di più il mercato europeo a prodotti agricoli e industriali statunitensi, con il rischio concreto di sacrificare comparti fondamentali del Made in Italy. Manifattura, agroalimentare e settori artigiani di eccellenza potrebbero diventare moneta di scambio in una trattativa che nasce per difendere l’automotive ma finirebbe col mettere in difficoltà altre filiere.
«Seguiamo con attenzione questi nuovi passi di Bruxelles — commenta Luca Luppi, presidente di Casartigiani Verona — ma non possiamo illuderci che un dazio ridotto al 15% rappresenti una vera soluzione. Per le nostre micro e piccole imprese della filiera automotive il rischio rimane altissimo: ogni barriera aggiuntiva, anche ridotta, si traduce in minori commesse e in posti di lavoro persi sui nostri territori».
Luppi avverte che la partita va oltre i numeri dell’automotive: «L’Italia deve pretendere che nelle trattative non si baratti il settore manifatturiero o agroalimentare. Non possiamo sacrificare i nostri punti di eccellenza. Serve una strategia europea più coraggiosa, che difenda le PMI, ossatura vera dell’economia».